giovedì 31 gennaio 2013

Harem: la validè sultan e le kadin



Nell’ impero ottomano, l’harem, costituito da un vasto complesso di padiglioni, chioschi, giardini e cortili pergolati, era articolato attorno alla residenza della validè sultan, la madre del sultano regnante, la donna più importante di tutto l’harem. Spesso proprietaria di vasti possedimenti terrieri, che gestiva con l’ausilio di eunuchi neri, la validè sultan poteva dare ordini direttamente al gran visir e il suo ascendente sul sultano, sia per quanto riguardava la scelta delle mogli e delle concubine, sia per le questioni di stato, era molto forte. In particolare nel XVII secolo, si succedettero una serie di sultani poco competenti o di giovane età che  permisero il rafforzamento della figura della validè, tanto che questo periodo venne definito “il sultanato delle donne”. La validè pretendeva che tutte le componenti dell’harem le giurassero obbedienza e  l’ harem si trasformò così in una vera e propria corte con una sua gerarchia. Al rango più basso si trovavano le schiave, che dormivano anche in dieci nella stessa stanza e vivevano nella speranza di attirare l’attenzione del sultano. Appena al di sopra delle schiave si trovavano le donne che erano piaciute almeno una volta al sultano, ma non gli avevano dato figli, infine c’erano le kadin, le mogli.
Dato che la legge islamica consentiva di avere 4 mogli legittime, diventavano kadin le prime quattro schiave che generavano un figlio maschio e anche tra loro vigeva un rigido ordine di precedenza. La più importante era la donna che aveva dato alla luce il primogenito e nessuna delle altre, fosse pure la favorita del momento, poteva mancarle di rispetto. Le mogli del sultano che partorivano un figlio maschio era chiamate haseki sultan, chi invece partoriva una figlia femmina era chiamate haseki kadin. Oltre alle quattro mogli il sultano poteva avere anche tutte le concubine che era in grado di mantenere decorosamente, alcuni sovrani ottomani ne ebbero fino a 300, anche se non tutte vivevano nell’harem. Le kadin, sopra le quali si trovava sempre la validè sultan, chiamata anche regina madre, vivevano in appartamenti a loro riservati con un loro seguito. Il protocollo dell’harem, con il passare del tempo, divenne sempre più complesso anche per quanto riguardava il rapporto del sultano con le odalische. Solo dopo aver rivolto un lungo omaggio alla propria madre, poteva visionare le giovani odalische. Se qualcuna di queste gli piaceva, la indicava e iniziava così la frenetica preparazione della ragazza che doveva giacere nel suo letto. Questa veniva preparata da un corteo di vergini che, dopo averla lavata e massaggiata con oli fragranti, le dipingevano le unghie con l’henné e le ciglia con il kohl, una pasta colorante fatta con limone e grafite scaldati su un braciere. Quando la fanciulla veniva finalmente condotta nella stanza del sultano, due enormi candele venivano lasciate ardere per tutta la notte, e alcune donne sorvegliavano le porte.
Il mattino dopo, mentre il sultano indugiava nelle abluzioni mattutine, la ragazza frugava tra i suoi abiti, perché qualunque cosa avesse trovano nelle tasche le apparteneva di diritto. La data dell’accoppiamento veniva segnata su un registro, se dopo nove mesi non avesse dato alla luce un figlio, non avrebbe più rivisto il sovrano.

2 commenti:

  1. Non conoscevo queste realtà grazie delle informazioni
    Maurizio

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  2. Ciao Maurizio,
    grazie a te per esserti soffermato a leggere il mio blog...
    Najim

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