lunedì 25 gennaio 2010

Abbigliamento nel mondo arabo tra passato e presente: burnous / selham


Simbolo di fortuna, ricchezza, autorità e potere, il burnous è uno degli elementi  principali del costume magrebino. Tutti i marocchini infatti, che godono di una certa  agiatezza portano il burnous (o selham come lo chiamano loro) sia in occasione di  particolari cerimonie ufficiali o familiari, che durante l’inverno per proteggersi dal freddo.
In questa stagione, infatti, le persone ricche ne indossano  anche due, uno sopra l’altro, in lana bianco e in tessuto più pesante blu o nero. Si presenta come una sorta di mantella  che arriva sino a metà polpaccio completata da un ampio cappuccio quadrangolare, spesso tessuti in un solo pezzo. Una cucitura, talora ornata da un gallone o da un bordo di passamaneria  chiude il cappuccio ; un’altra guarnizione applicata o lavorata ad ago riunisce le due falde della mantella all’altezza del petto.L’uso del burnous ne fa anche un simbolo di protezione:”mettere qualcuno sotto l’ala del proprio burnous” ( jnah al- barnous) significa che colui che si mette viene protetto dal proprietario del burnous. A volte nel giorno delle nozze il suocero mette la nuora sotto la falda del proprio burnous per farle varcare la soglia della sua nuova casa. Ciò significa che egli sarà il suo protettore nella nuova famiglia, le farà da padre. Infine è bene sapere che il bournous può di per sé rappresentare il musulmano. Un proverbio arabo afferma in modo tassativo che “ un musulmano senza il suo burnous è come un cane senza coda”!!!!

venerdì 1 gennaio 2010

Storia di uno scemo derubato del somaro



Si racconta che uno scemo se ne andava per la strada tenendo in mano la cavezza del suo somaro e tirandoselo dietro. Lo videro due imbroglioni, e l'uno disse al compagno: - Io porterò via il somaro di quell’uomo! - E come farai? - Seguimi e vedrai -. Lo seguì, e l'imbroglione si avvicinò al somaro, gli tolse la cavezza, consegnò il somaro al compagno e si infilò la cavezza sulla testa mettendosi a camminare dietro allo scemo finché fu sicuro che il compare se n'era andato con la bestia; allora si fermò.
Lo scemo lo tirò per la cavezza, ma non si mosse; allora si voltò, vide la cavezza sulla testa di un uomo e gli disse: - E tu chi sei? - Rispose: - Io sono il somaro tuo, e questa è la mia meravigliosa storia: ho una vecchia madre pia; un giorno mi presentai a lei ubriaco, ed essa mi disse: “Figlio mio, pentiti e domanda perdono all'Altissimo di questa trasgressione!” Io presi il bastone, la colpii ed essa mi maledisse. Allora l'Altissimo mi trasformò in un somaro e mi fece cadere nelle tue mani, e sono rimasto con te tutto questo tempo. Oggi però mia madre si è ricordata di me, Iddio ha ispirato al suo cuore di rimpiangermi, essa ha pregato per me, ed ecco che Iddio mi ha restituiti la forma umana perduta.
Disse quel tale: - Non c'è forza né potenza fuorché in Dio, l'Altissimo, l'Eccelso! Che Dio ti benedica fratello; assolvimi di tutto quel che ti ho fatto, cavalcandoti e così via! - L'imbroglione andò per la sua strada e lo scemo a casa sua, abbrutito dall'afflizione e dall'affanno. Gli disse la moglie: - Che cosa ti è successo e dov'è il somaro? - Le rispose: - Tu non sei informata del caso di questo somaro, ora te lo spiegherò io, - e le raccontò la storia.
La moglie esclamò: - Poveri noi, che castigo avremo da Dio! Come mai per tutto questo tempo ci siamo serviti di una creatura umana per somaro! - Poi distribuì elemosine e invocò il perdono di Dio, mentre il marito rimase un certo tempo in casa, disoccupato, finché la moglie disse . - Fino a quando te ne starai tappato in casa senza lavorare? Va' al mercato, compriamoci un altro somaro e servitene per lavorare! - Andò alla fiera, si fermò accanto ad un somaro, ed ecco che era proprio il somaro suo, messo in vendita! Lo riconobbe, gli si avvicinò e parlandogli all'orecchio gli disse: - Disgraziato del malaugurio! Sicuramente tu sei rincasato nell'ubriachezza e di nuovo hai bastonato tua madre! Ma io per me non ti ricomprerò mai più! - Lo lasciò lì e se ne andò.

tratto da " le mille e una notte"

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