martedì 2 dicembre 2008

Il re


                                       
                                                          Non biasimate un re
                                               che si umili per amore
                                               poichè abbassarsi per amore
                                               è segno di potenza ed equivale
                                               ad essere due volte re.


tratto da " I 100 nomi dell'amore" di Malek Chebel e Lassaad Metoui


giovedì 6 novembre 2008

Abbigliamento nel mondo arabo tra passato e presente: litham



E’ il copricapo degli uomini Tuareg. Questo velo, indispensabile elemento del costume tradizionale, scende a ricoprire il viso lasciando solo una fessura per gli occhi  ed è donato ai giovani per sancirne l'ingresso nel mondo degli adulti. Gli uomini sposati, oltre al litham, hanno due tipi di veli: il cheche, costituito da una fascia alta una ventina di centimetri e lunga fino a tre metri,(più è lungo più indica nobiltà e importanza del proprietario) realizzato in tessuto di cotone, preferibilmente bianco o tinto di blu o nero e  il tagelmoust,  il velo delle feste costituito da una fascia sempre alta venti centimetri, ma che può arrivare fino a sette metri, di finissimo cotone impregnato d'indaco d'aspetto lucido e cangiante. I veli avvolti in tanti modi mai casuali, rispondono a precise esigenze estetiche e di riconoscimento. Oltre a proteggere dalla polvere e dal sole, coprono la bocca proteggendola dagli spiriti negativi, portatori del malocchio. Per questo i Tuareg non tolgono mai il velo e non scoprono la bocca davanti alle donne o a stranieri, neanche durante un tè o un pranzo. La tradizione vuole che siano state proprio le donne a introdurre tra gli uomini l'uso del "tagelmoust", Pare infatti che in seguito a una battaglia in cui i cavalieri Tuareg non eccelsero per il coraggio, le donne, vergognatesi, imposero ai mariti l'uso del velo.  I Tuareg sono anche detti "uomini blu" perché lo chèche tradizionale, che proviene dalla Nigeria, è tinto con un colorante vegetale indaco molto scuro e non fissato che si trasferisce con facilità, anche dopo molti lavaggi, sulla pelle.


giovedì 16 ottobre 2008

Proverbio arabo


                      Affida il tuo cammello alla provvidenza di Dio,
                                        ma legalo prima ad un albero.



martedì 30 settembre 2008

Aid al-Fitr

Eid mubarak
Aid al-Fitr è la festa islamica che segna la fine del Ramadan, si celebra la " Rottura " cioè il termine del periodo di digiuno e dura 3 giorni. Si chiama anche " Id al-Saghir" ( festa minore) per distinguerla dalla "grande festa ",Aid al-kabir o “Aid al-Adha” che avviene circa 2 mesi dopo. La notte prima della festa le donne rimangono sveglie, finiscono di preparare i dolci per il grande pranzo del giorno dopo e cuociono tanti tipi di focacce e di pane tra cui il "baghrir " una pagnotta morbida , sottile come una pizza, fatta con acqua , farina, uova e lievito. In Marocco le donne usano farsi dei bellissimi disegni sulle mani e sui piedi con l’hennè. Prima che arrivi l’alba e che sorga il sole si fa l’ultimo pasto del periodo di Ramadan con fichi, datteri, miele, frittelle, burro, latte e tè. La giornata festiva inizia con la grande preghiera comunitaria che si tiene nel luogo di riunione più importante di ogni città islamica, all'aperto o nella moschea principale. In questa occasione ognuno indossa gli abiti migliori e partecipa con tutta la sua famiglia alla preghiera comune Questo momento di riunione collettiva è seguito da visite ad amici e parenti, da scambi di doni e da riunioni per pranzo e cena. Le strade sono illuminate, i negozi e i bazar sono pieni di dolci, paste e cartoline festive che è costume scambiarsi in queste occasioni. In questo giorno si fa anche l’elemosina, o al-zakat, che è uno dei cinque pilastri dell’islam:un precetto religioso che sottolinea l’obbligo di solidarietà dei ricchi nei confronti dei poveri.


lunedì 15 settembre 2008

La direzione dello sguardo

                                     



A Giuha, che passeggiava lungo il fiume, un passante timoroso di Dio chiese:


"Se volessi fare un bagno nel fiume dovrei guardare verso la Mecca o dovrei voltargli le spalle?"


Giuha rispose:


"Io guarderei in direzione dei miei abiti, in modo che nessuno possa rubarmeli"




lunedì 1 settembre 2008

Ramadan da “Baghdad brucia” di Riverbend

                                                                                                 01 settembre 2008
Tratto da “Baghdad brucia” di Riverbend (il blog di una giovane irachena.)
Ramadan è il nono mese dell’anno islamico ( che ha 12 mesi ma solo 358 giorni circa ). Ramadan è considerato uno dei mesi più sacri dell’anno islamico-secondo me, è il più interessante. Per tutta la durata del Ramadan digiuniamo per l’intera giornata, dalle prime luci dell’alba al calar del sole. In altre parole non possiamo né mangiare, né bere, né fumare, né masticare gomma fino alla sera, quando arriva il momento di rompere il digiuno“
Ramadan è il mese in cui l’angelo Gabriele fece visita per la prima volta al nostro Profeta portandogli il messaggio dell’Islam e il Corano. Ecco perché è celebrato dai musulmani in tutto il mondo. Non è possibile stabilire con precisione la data di quell’evento importantissimo, ma si pensa che il “Laylet il Qadir” ( la notte in cui il Profeta ha ricevuto la prima visita di Gabriele) vada collocato alla fine di Ramadan ( secondo molti nella ventisettesima notte).
Ramadan è un mese che si festeggia in vari modi. E’ simile alle ultime due settimane di dicembre in Occidente, frenetiche e piene di impegni. E’ il mese in cui si incontrano i parenti che non si sapeva di avere - i cugini insopportabili, la zia preferita, i nonni , i nipoti, gli zii e persino il prozio che si credeva morto l’anno scorso. E’ una sorta di “mese della famiglia”. Il digiuno consiste nello smettere di mangiare e bere non appena spunta l’alba e continuare così per tutto il giorno fino all’imbrunire o “al maghrib”. Il digiuno è considerato uno degli "akan”dell’Islam”, il che significa che è obbligatorio per tutti i musulmani. Con alcune eccezioni: non è obbligatorio per chi è ammalato e per chi si trova in viaggio, oppure se rischia di pregiudicare in qualche modo la salute di una persona ( cioè se la persona è diabetica o incinta ecc).
Oltre quello fisico, c’è il “digiuno morale”. In altre parole si può rompere il digiuno anche senza mangiare. Nel mese del Ramadan si devono evitare pettegolezzi, liti, bugie, imbrogli, insulti e altri comportamenti riprovevoli, altrimenti il digiuno fisico, o “siyam” è considerato inutile. In questo mese ritenuto “sacro” si intensificano anche le preghiere e la lettura del Corano. Qualcuno potrebbe chiedere: perché digiunare? A che scopo negarsi cibo e bevande per più di metà del giorno? Lo scopo del digiuno dovrebbe essere quello di insegnare cosa sono la tolleranza, la pazienza e la fame. Sì, proprio la fame. La persona media non sa cosa significhi avere fame…e non mi riferisco alla fame del tipo vorrei –proprio-un-hamburger-con-patate-fritte. Mi riferisco alla fame che si sente quando non si mangia o non si beve niente da oltre 12 ore, quando lo stomaco sta per cedere e la testa sta per esplodere per mancanza della caffeina da cui attinge l’energia che le serve per funzionare. La fame ha inoltre lo scopo di far apprezzare maggiormente il cibo, perché aiuta a far capire che il cibo e l’acqua non sono sempre disponibili, specialmente quando ci sono persone costrette a digiunare ogni giorno, nei mesi sacri e non sacri....

giovedì 7 agosto 2008

Il calendario islamico

Il calendario islamico è basato sul ciclo lunare.Il Corano prevede che il nuovo mese inizi subito dopo la luna nuova, o meglio quando appare la prima esile falcetta di luna crescente. Prevedere questo esatto momento è molto complicato; per semplicità i calendari perpetui islamici usano la seguente regola: l'anno, che si chiama “hijri”, è composto da dodici mesi alternativamente di 29 e 30 giorni; ed è più corto di quello solare avendo solo 354 giorni. Poiché l'inizio del mese reale è stabilito in base all'osservazione diretta della prima luna crescente, non è detto che la lunghezza dei mesi sia sempre quella riportata in tabella e si possono verificare scostamenti di un giorno tra il calendario reale e quello perpetuo; sono addirittura possibili scostamenti tra il calendario di un paese islamico e quello di un altro paese parimenti islamico ma geograficamente lontano. Inoltre i mesi e le festività non cadono mai nelle stagioni in modo fisso. L’anno dell’immigrazione del Profeta Muhammad  dalla Mecca a Medina, che cade nel 622 d.C., è considerato come il primo per i musulmani, quindi per il calendario islamico ora ci troviamo nell’anno 1429.
 I mesi islamici hanno questa frequenza:
1. Muhàrram - محرم di 30 giorni
2.Sàfar - صفر di 29 giorni
3. Rabì‘ al-àwwal - ربيع الأول di 30 giorni
4. Rabì‘ al-thàni - ربيع الثاني di 29 giorni
5. Jumàda al-àwwal - جمادى الأول di 30 giorni
6.Jumàda al-akhìra - جمادى الثانية di 29 giorni
7. Ràjab - رجب di 30 giorni
8. Sha‘bàn - شعبان di 29 giorni
9. Ramadàn - رمضان di 30 giorni
10.Shawwàl - شوال di 29 giorni
11.Dhu l-qà‘da - ذو القعدة di 30 giorni
12. Dhu l-hìjja - ذو الحجة di 29 giorni


lunedì 21 luglio 2008

Proverbio arabo



                                            Onesto è colui che cambia il proprio pensiero
                                    per accordarlo alla verità.

                                    Disonesto è colui che cambia la verità
                                    per accordarla al proprio pensiero.


giovedì 3 luglio 2008

La lingua araba

E' una scrittura alfabetica composta da 28 lettere, ha la particolarità di essere molto ricca di consonanti e povera di vocali, infatti possiede solo tre vocali che sono: a, i, u, simili a quelle della lingua italiana. Queste vocali vengono pronunciate in modo attenuato e talvolta il nostro orecchio fa fatica a distinguerle. Le vocali brevi non si scrivono. Delle 28 lettere ben 17 hanno un suono assolutamente diverso rispetto all'alfabeto italiano. Con le consonanti di questa lingua si può produrre qualsiasi suono che la gola umana possa emettere, per questo, l'arabo è considerato una delle lingue più ricche anche da questo punto di vista.  L'arabo si scrive e si legge da destra a sinistra, quindi per leggere un libro scritto in arabo bisogna iniziare dall'ultima pagina. La scrittura è solo corsiva, cioè le lettere, quasi sempre, sono attaccate una all'altra. La scrittura appare quindi una sorta di stenografia e bisogna intuire la pronuncia delle parole a partire dalle sue consonanti, per esempio MNZL (casa). Per rendere meno difficile la lettura si usa "vocalizzare" le consonanti con dei piccoli segni posti sopra o sotto le stesse. La forma delle lettere varia leggermente secondo la loro posizione: all'inizio, nel mezzo o alla fine della parola. La scrittura è stata molto usata come elemento decorativo nelle opere d'arte poiché il Corano ha condannato la riproduzione di esseri animati per evitare l'idolatria. L'arabo grazie alla lettura del Corano, sempre identica nei secoli, ha conservato intatta questa ricchezza di suoni evitando l'usura fonetica subite generalmente dalle altre lingue nel corso della loro evoluzione.

venerdì 13 giugno 2008

Giuha e il gatto

Un giorno Giuha aveva voglia di una cena speciale, così comprò tre chili della carne migliore e la portò a sua moglie.
Sua moglie che era una brava cuoca, mise sul fuoco i pezzi di carne, aggiunse delle verdure e preparò il cuscus.
Mentre preparava il pranzo, una vicina, attirata dal profumo, venne a vedere che cosa stesse cuocendo di buono. Le due donne si misero a chiacchierare e poi assaggiarono ciascuna un pezzetto di carne, che era davvero squisita.
-  Assaggiamone un altro pezzetto - disse la vicina.
E così fecero. Un pezzo dopo l'altro, le due donne mangiarono tutta la carne.
Quando Giuha tornò a casa, la moglie gli disse che era molto spiacente ma che per cena c'erano solo verdure e un po' di cuscus.
- E dov'è finita tutta la carne che ho comprato questa mattina? - chiese Giuha.
- Mentre ero girata, il gatto ha mangiato tutta la carne - rispose la donna.
Giuha la guardò sospettoso e uscì in cerca del gatto. Quando lo trovò, rientrò a casa con una bilancia e lo pesò. Il gatto pesava esattamente tre chili.
Allora Giuha si volse verso la moglie e disse:
- O moglie, se questo è il gatto, dov'è la carne? E se questa è la carne, allora dov'è il gatto?

giovedì 29 maggio 2008

Abbigliamento nel mondo arabo tra passato e presente : abaya


L'abaya è un indumento femminile utilizzato nei paesi musulmani. Si tratta di un lungo  mantello che la donna indossa sopra il vestito quando è in pubblico. Copre tutto il corpo ad eccezione della testa, delle mani e dei piedi. Tradizionalmente è nero in quanto un decreto religioso (fatwa) ordina che l'abaya sia confezionato con "un tessuto spesso, opaco e ampio, per non rivelare le parti del corpo", può essere portato con lo  hijab  o con il niqab (velo che copre il viso della donna).  Alcune donne scelgono anche portare i guanti neri lunghi, in modo che le loro mani siano coperte. Si usa soprattutto nei paesi del Golfo Persico. In Arabia Saudita le donne sono obbligate a portare l’abaya mentre il niqab è facoltatiivo. In Iran ne esiste una variante che prende il nome di chador.
                    

martedì 13 maggio 2008

Sulla terra c'è posto per tutti

                                             



                                     Sur terre, ily a place pour tous.
                                     There is enough room on earth for everyone.
                                      En la tierra hay sitio para todos.


Calligraphy © Hassan Massoudy


domenica 27 aprile 2008

Il cammello e la formica




Una volta  un cammello, mentre attraversava la steppa, vide ai suoi piedi nell'erba, una minuscola formica.

La piccolina trasportava un grosso fuscello, dieci volte più grosso di lei. Il cammello restò un bel pezzo a guardare come la formica si dava da fare, poi disse:

- Più ti guardo e più ti ammiro. Tu porti sulle spalle, come se niente fosse, un carico dieci volte più grosso di te. lo invece non porto che un sacco, e le ginocchia mi si piegano. Come mai?

- Come mai? - rispose la formica, fermandosi un momento. - Ma è semplice: io lavoro per me stessa,mentre tu lavori per un padrone.

Si rimise il fuscello sulle spalle e riprese il suo cammino.


www.lefiabe.com

martedì 8 aprile 2008

Proverbio arabo

Colui che non sa, e non sa di non sapere, è uno sciocco: evitalo.

Colui che non sa, e sa di non sapere, è un ignorante: istruiscilo.

Colui che sa, e non sa di sapere, è addormentato: sveglialo.

Colui che sa, e sa di sapere, è un saggio: seguilo.



giovedì 20 marzo 2008

Il maestro di preghiera tra i berberi


In mezzo alle alte montagne dell'Atlante, vivevano molte tribù berbere che parlavano solo la loro lingua e non conoscevano una sola parola in arabo. Avevano una vaga idea del Corano e delle preghiere, ma si sentivano musulmani e si addoloravano di non poter pregare con le parole del Libro Sacro.
Durante una riunione annuale, un anziano di una di queste tribù propose di recarsi dal sultano per chiedergli di mandare nei villaggi una persona colta in grado di istruirli almeno sulle cose essenziali.
I notabili del paese si recarono quindi dal Sultano di Fès, il quale si commosse di tanto zelo religioso e promise che avrebbe mandato uno degli uomini più sapienti della famosa e antichissima università di Fès. La tribù accolse quest'uomo con entusiasmo e grande ospitalità. Nel pomeriggio l'Imam convocò la gente alla preghiera, tutti fecero le abluzioni e si disposero in file; in prima posizione si mise il maestro e stava già per iniziare quando si accorse che il terreno era bagnato e fangoso. Per non sporcare l'abito bianco prese un pezzo di una porta le cui assi erano però sconnesse e formavano delle fessure e vi salì sopra. Sollevò le mani come prescrive la tradizione ed esclamò: " Allahu Akbar " (Dio è grande) e tutti gli uomini schierati dietro di lui ripeterono: " Allahu Akbar ". Dopo la Fatiha e la Sura del Corano, l'Imam si inchinò e tutti ripeterono le sue parole. Quindi si prostrò a terra fino a toccare le assi con la fronte e tutti lo imitarono e ripeterono le sue parole in arabo senza capire nulla. Purtroppo le fessure delle assi si allargarono e il naso del sapiente rimase nello spazio tra le due assi e quando si volle rialzare lo spazio si chiuse e il naso rimase intrappolato. A nulla valsero i suoi sforzi per liberarlo. Allora gridò ad alta voce: "Ho il naso imprigionato!" e tutti ripeterono in arabo: "Ho il naso imprigionato". Gridò ancora: "Venite ad aiutarmi!" e tutti ripeterono con fervore: "Venite ad aiutarmi!". Sempre più esasperato e dolorante l'Imam urlò: "Ma allora non capite proprio niente?" e tutti ripeterono con partecipazione "Ma allora non capite proprio niente?".
A questo punto l'Imam diede un forte strattone e si liberò, terminò la preghiera, salì sull'asino per ritornare in città e furioso disse: "Prima imparate l'arabo, poi ritornerò ad insegnarvi a pregare!".

Imam: "Colui che sta davanti", dirige la preghiera e si mette da solo in prima fila.
Fatiha : "La Aprente" prima Sura (capitolo) del Corano usata per iniziare la preghiera e in molte cerimonie.
  

martedì 4 marzo 2008

Abbigliamento nel mondo arabo tra passato e presente : hijab

Per hijab si intende comunemente il foulard che copre il capo e le spalle delle donne musulmane. Il termine deriva dal verbo arabo “hajaba” (nascondere) e indica, nel suo significato originario, ogni ostacolo posto davanti a un oggetto o ad un individuo per sottrarlo alla vista altrui. In questo caso l’hijab ha lo scopo di proteggere le donne dagli sguardi lascivi e dalle attenzioni non richieste. In generale può essere composto da due pezzi: una prima cuffia che raccoglie e copre i capelli, tenendoli fermi, e un velo vero e proprio che viene appoggiato su questa, spesso lasciando che la cuffia sporga da sotto il velo. L’hijab può essere di qualsiasi colore, alcune donne lo preferiscono nero, altre bianco altre a fantasia e viene appuntato sotto il mento con una spilla. Le punte del foulard possono essere lasciate cadere morbidamente sul corpo oppure, per ragioni di praticità, avvolte attorno al collo come una sciarpa, in particolare quando si devono svolgere attività di tipo pratico. In generale è accompagnato da una tunica o da uno spolverino, ma può essere indossato anche con abiti normali, gonne camicie e pantaloni purché “adeguati”. La gonna deve essere lunga, la camicia larga, con maniche che arrivano sotto i gomiti e se indossata sui pantaloni, non troppo corta. Il velo è considerato una parte integrante dell’Islam da un gran numero di musulmani. Attaccare l’uso dell’hijab è come attaccare il diritto di un cristiano di portare la croce, o il diritto di un ebreo di indossare lo yarmulke.

giovedì 14 febbraio 2008

L'amore comprende tutte le lingue

                   



Love understands all languages -
L'amour comprend toutes les langues.


 Calligraphie © Hassan Massoudy          


domenica 20 gennaio 2008

Le mille e una notte di Shahrazàd


Si racconta che c'era nel tempo dei tempi e negli anni passati un potente sovrano, il suo nome era Shahriyàr. Il suo regno si estendeva alle Indie, alla Cina e alla Gran Tartaria, ma se egli era potente e ricco, certo non era felice, anzi, deluso ed infuriato per il tradimento della moglie, iniziò a concepire un odio mortale per l'intero genere femminile.
Ordinò così al visir di condurgli ogni sera una giovane fanciulla vergine, dopo aver trascorso con lei l’intera notte, la mattina seguente ne avrebbe ordinato l’ esecuzione. La strage continuò per tre anni propagando nella città un indescrivibile panico: molte famiglie per salvare le belle e innocenti fanciulle dal pericolo di essere scelte come spose del sovrano e da lui votate ad una morte precoce, fuggirono lasciando la capitale. Una sera il re ordinò al visir, come al solito, di portargli una nuova fanciulla. Il visir girovagò per tutta la città, ma non riuscì a trovare nemmeno una vergine; triste e avvilito, tornò a casa temendo l'ira del sovrano.
Ora bisogna sapere che il visir aveva due bellissime figliole, la maggiore si chiamava Shahrazàd che in arabo significa “figlia della luna” e la minore Dunyazad ,“ preziosa come l’oro”. Shahrazàd era anche molto istruita, aveva letto parecchi libri e conosceva una quantità di storie e leggende relative alle età passate, ai re antichi e ai poeti. Sapeva parlare molto bene ed era un piacere starla ad ascoltare. Alla vista del padre ella disse: " Perchè, padre mio, ti vedo chino in tal modo sotto il fardello delle pene e delle afflizioni? Sappi, o padre, che il poeta dice: < 0 tu che ti affliggi consolati! Niente dura: ogni gioia svanisce, ogni dolore si dimentica! > " Quando il visir udì queste parole, le raccontò dal principio alla fine come stavano le cose. Fu allora che Shahrazad si offrì di sposare il sultano.
Il visir tentò in tutti i modi di dissuaderla, ma niente la fece desistere dal suo progetto. Dal canto suo la fanciulla aveva un piano prestabilito che includeva anche l’aiuto di Dunyazad.
Il giorno del matrimonio, dopo il pranzo, quando gli sposi si ritirarono nella camera nuziale, il re vide che Shahrazad piangeva e le chiese il motivo.
" 0 re misericordioso, ho una sorellina alla quale vorrei dire addio! " Allora il re ordinò che venisse condotta Dunyazàd, e quando costei arrivò si gettò fra le braccia della sorella e poi si mise a sedere in fondo al letto.
 " Per Allàh, sorella mia, raccontaci una storia che ci faccia passare lietamente la nottata! " E Shahrazàd rispose: " Lo farò ben volentieri se me lo concederà questo re cortese. "
Il sultano che non chiedeva di meglio che di essere distratto dai suoi cupi pensieri, acconsentì. Shaharazad allora iniziò a raccontare una lunga storia, parlava lentamente e con grazia ed il re ne fu conquistato. Al mattino la storia non era ancora finita, ma la fanciulla si interruppe e disse ;” mio sovrano, vedo che ormai sei stanco e desideri riposare, terminerò la novella un’altra notte se me lo concedi”
E così per mille e una notte, Shahrazad destò la curiosità del sovrano con i suoi racconti straordinari, ora incatenati l'uno all'altro come anelli di una collana, ora rinchiusi l'uno nell'altro come in un sistema di scatole cinesi. Quando Shahrazàd smise di raccontare, il re Shahriyàr aveva ormai dimenticato per amor suo l'antico odio per le donne; il tempo e la fantasia l'avevano riconciliato con la vita e così Shahrazàd salvò se stessa e ben più di mille e una fanciulla.

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