giovedì 25 aprile 2013

Harem: gli eunuchi


Nell’ harem, dove vivevano centinaia di donne, era di fondamentale importanza che ci fossero sicurezza e protezione. Gli eunuchi erano la soluzione. Nella "casa" del sultano ne vivevano circa 200 ed erano divisi in due categorie: eunuchi neri ed eunuchi bianchi. Inizialmente i sultani si facevano servire da eunuchi bianchi( ak agalar), schiavi acquistati principalmente nei Balcani e nel Caucaso. In seguito presero il sopravvento gli eunuchi neri (kara agalar) che venivano inviati in dono a Costantinopoli dal governatore ottomano dell’Egitto o venivano catturati nelle guerre. Gli eunuchi neri erano soprattutto i guardiani dell’harem e siccome dovevano stare a contatto con le donne subivano una castrazione totale. Il capo eunuco nero, "Kizlar Agasi", ricopriva ruoli molto importanti non solo nell'harem, ma anche all'interno dell'amministrazione ottomana. Era il più importante collegamento tra il sultano e la madre, la validé sultan. Il suo rango era un po’ l’ equivalente del "pasha"( titolo onorifico attribuito ai funzionari ottomani di grado elevato dal sultano), e faceva da messaggero tra il sultano e il gran visir (il primo ministro del sultano). Inoltre, era coinvolto in quasi tutti gli intrighi di palazzo e questo gli permetteva di aumentare a poco a poco il suo potere fino ad ottenere una posizione dominante. Bisogna sottolineare che la legge coranica predicava una grande tolleranza nei riguardi degli schiavi che non erano considerati una classe inferiore, anzi: il titolo di qul (schiavo) godeva di un certo ascendente e potevano quindi ricoprire anche cariche importanti. Gli eunuchi bianchi avevano invece compiti diversi all’interno del governo, alcuni di loro riuscirono anche ad essere al servizio diretto del Sultano stesso e non essendo a stretto contatto con le donne subivano una castrazione solo parziale. Dato che la castrazione era proibita dal Corano, gli schiavi bianchi venivano evirati in Spagna o Francia, mentre i neri in Egitto da uomini copti, comunque né gli uni, né gli altri potevano trascorrere la notte nella parte femminile dell’ harem. Il capo degli eunuchi bianchi "Kapi Agasi" (o Kapi Agha)  veniva scelto direttamente dal sultano. Il suo potere iniziò a diminuire nel XVI secolo, quando le validè assunsero il governo effettivo dell’impero, coadiuvate dal gran visir e dal capo degli eunuchi neri.

domenica 14 aprile 2013

La poesia araba contemporanea di Nazik al Mala’ika

Io

La notte mi chiede chi sono                                               
sono il segreto della profonda nera insonnia                   
sono il suo silenzio ribelle                                                
ho mascherato l’anima di questo silenzio                            
ho avvolto il cuore di dubbi                                            
immota qui                                                                      
porgo l’orecchio                                                                  
e i secoli mi chiedono
chi sono

E il vento chiede chi sono
sono la sua anima inquieta rinnegata dal tempo
come lui sono in nessun luogo
continuiamo a camminare e non c’è fine
continuiamo a passare e non c’è posa
giunti al baratro 
lo crediamo il termine della pena 
e quello è invece l’infinito

Il destino chiede chi sono
potente come lui piego le epoche
e ridòno loro la vita 
creo il passato più remoto
dall’incanto di una vibrante speranza 
e lo sotterro ancora
per forgiarmi un nuovo ieri
di un un domani gelido

Il sé chiede chi sono
come lui vago, gli occhi fissi nel buio
nulla che mi doni la pace
resto ancora e chiedo, e la risposta
resta nascosta dietro il miraggio
ancora lo credo vicino
al mio raggiungerlo tra
monta
dissolto, dispare


أنا سرُّهُ القلقُ العميقُ الأسودُ 
أنا صمتُهُ المتمرِّدُ 
قنّعتُ كنهي بالسكونْ 
ولففتُ قلبي بالظنونْ 
وبقيتُ ساهمةً هنا 
أرنو وتسألني القرونْ 
أنا من أكون? 
والريحُ تسأل من أنا 
أنا روحُها الحيران أنكرني الزمانْ 
أنا مثلها في لا مكان 
نبقى نسيرُ ولا انتهاءْ 
نبقى نمرُّ ولا بقاءْ 
فإذا بلغنا المُنْحَنى 
خلناهُ خاتمةَ الشقاءْ 
فإِذا فضاءْ! 
والدهرُ يسألُ من أنا 
أنا مثلهُ جبّارةٌ أطوي عُصورْ 
وأعودُ أمنحُها النشورْ 
أنا أخلقُ الماضي البعيدْ 
من فتنةِ الأمل الرغيدْ 
وأعودُ أدفنُهُ أنا 
لأصوغَ لي أمسًا جديدْ 
غَدُهُ جليد 
والذاتُ تسألُ من أنا 
أنا مثلها حيرَى أحدّقُ في ظلام 
لا شيءَ يمنحُني السلامْ 
أبقى أسائلُ والجوابْ 
سيظَل يحجُبُه سراب 
وأظلّ أحسبُهُ دنا 
فإذا وصلتُ إليه ذابْ 
وخبا وغابْ

Nazik al-Mala'ika, (arabo: نازك الملائكة‎) (Baghdad, 23 agosto 1922  Il Cairo, 20 giugno 2007) poetessa irachena.è considerata una delle prime poetesse che introdussero l'uso del verso libero nella rigida struttura poetica araba.

lunedì 1 aprile 2013

Proverbi arabi


Le tempeste dell'anima sono peggiori delle tempeste di sabbia (Egitto)
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La spada ha due fili taglienti, la lingua ne ha cento (Turchia)
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La menzogna fa bere una prima volta. Non lascia bere una seconda (Tuareg)
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Chi sciupa del tempo deruba se stesso ( Marocco)
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Chi non ha un passato, non ha un futuro (Palestina) 

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