giovedì 31 ottobre 2019

Chi sono i Tuareg.



Con il termine Tuareg si identifica un nutrito popolo berbero, di oltre mezzo milione di persone, tradizionalmente nomade e stanziato nelle zone desertiche del Sahara tra cui Algeria, Libia, Mali e Burkina Faso. Gruppi nomadi analoghi sono presenti anche in Ciad, dove vengono chiamati Kinnin.
Il vocabolo berbero twāreg, diventato touareg in francese e tuareg in inglese, è un termine dispregiativo dato loro dagli arabi e significa "gli abbandonati da Dio” per via della loro opposizione alla dottrina di Maometto. I leggendari uomini del Sahara preferiscono chiamarsi Imohag, cioè “uomini liberi”. Negli anni hanno mantenuto inalterata o quasi, la purezza della razza, rimanendo fedeli a tradizioni e culture vecchie di secoli. Hanno imparato ad orientarsi tra le monotone lande del deserto con l’aiuto delle stelle,  riuscendo ad attraversare le sconfinate distese di sabbia su dromedari, per trasportare oro, sale e spezie.  Solitamente di alta statura, con fisici robusti e ben allenati, i Tuareg sono comunemente noti per i loro visi magri e allungati, solcati da grandi occhi scuri e capelli neri, nonché da una carnagione altrettanto scura. Sono ospitali verso lo straniero e in occidente sono conosciuti come “uomini blu” per via del velo blu indaco che indossano e che colora la loro pelle di blu. Sono organizzati in confederazioni,che comprendono, ciascuna, circa cento tribù, più o meno assoggettate ad uno stesso capo.
La loro storia è costellata da innumerevoli battaglie. A partire dal Settecento inizia la lunga battaglia contro gli Arabi e i Tuareg finiscono per convertirsi all’Islam, interpretando tuttavia a modo loro la dottrina di Maometto e conservando alcune tradizioni animiste. Riescono a mantenere integra la loro identità, la loro lingua e il loro alfabeto, il Tifinagh, costituito da forme geometriche scritte in orizzontale, verticale, da destra a sinistra, dall’alto in basso, ribadendo ancora una volta la creatività e la libertà di questo popolo.
Con la colonizzazione francese dell’inizio del secolo, gli uomini del deserto vedono limitato il loro spazio; con la decolonizzazione degli anni Sessanta sono obbligati ad imparare il significato di parole fino ad allora sconosciute, come «sedentarietà» ed «emarginazione».
La loro autodeterminazione li ha costretti a subire molte rappresaglie da parte di stati come il Mali e il Niger, che li volevano sottomettere al governo centrale. Soprattutto nel nord del Niger esistono ancora oggi gruppi di guerriglieri Tuareg che portano avanti la lotta armata per l'indipendenza e l'autodeterminazione politica e culturale del proprio popolo. Nonostante questo, oggi corrono il rischio di scomparire, schiacciati dalla civiltà moderna che sta cancellando la loro cultura secolare. Le lunghe carovane di un tempo sono sparite in quanto il grande commercio transahariano si svolge su automezzi pesanti o per mezzo di aeroplani e le piste del deserto sono percorse da fuoristrada carichi di turisti. Di conseguenza gli ex schiavi cercano lavoro nelle imprese petrolifere mentre i nobili continuano ad allevare dromedari sempre più inutili. Le autorità hanno avviato politiche di sedentarizzazione forzata che hanno prodotto risultati disastrosi: sradicati dal loro habitat e imprigionati nei caotici ritmi delle città, i Tuareg sono stati relegati ai margini della vita sociale.

mercoledì 16 ottobre 2019

La poesia egiziana di: Sayed Hegab


Nasciamo per morire...



Nasciamo per morire...
... generiamo per il buio della terra
costruiamo per distruggere
e la voce alziamo prima di svanire in silenzio
la vita scorre sbattuta nella più selvaggia solitudine
e noi corriamo... assetati dietro un miraggio
e viviamo per colmare d’acqua
brocche frantumate
Ma la verità stupefacente
è che angeli...
e demoni...
hanno ancora per noi...
mille attenzioni


Sayed Hegab

martedì 1 ottobre 2019

L'uccello indiano



Un mercante teneva un uccello in gabbia. Dovendo recarsi in India, paese originario dell'uccello, gli chiese se desiderava che gli riportasse qualcosa da quel paese. L'uccello chiese di ottenere la sua libertà, ma il mercante gliela negò. Allora lo pregò di recarsi in una certa giungla dell'India e di annunciare la sua cattività a tutti gli uccelli che vivevano in libertà.
È ciò che fece il mercante, ma aveva appena finito di parlare quando un uccello selvatico, simile in tutto al suo, cadde esangue ai piedi del ramo sul quale era appollaiato.
Il mercante pensò allora che doveva sicuramente trattarsi di un parente prossimo dell'uccello in gabbia, e fu addolorato di aver causato la sua morte.
Quando fu di ritorno, l'uccello gli chiese se portava buone notizie dall'India.
"Ahimè, no", disse il mercante, "temo che le notizie siano brutte! Uno dei tuoi parenti prossimi è stramazzato ai miei piedi quando ho parlato della tua cattività".
Aveva appena pronunciato queste parole, quando l'uccello indiano stramazzò a sua volta nella gabbia. ^ "La notizia della morte del suo parente ha ucciso anche lui", pensò il mercante. Era desolato; lo raccolse e andò a poggiarlo sul davanzale della finestra. All'istante, l'uccello tomo in vita e volò sul ramo più vicino.
"Ora sai", disse l'uccello al mercante, "che ciò che per tè era una calamità, per me era una buona notizia. E nota come il messaggio, cioè come comportarmi per riacquistare la mia libertà, mi è stato trasmesso proprio da tè, mio carceriere". E volò via, finalmente libero.


Una favola di Rumi
http://www.sufi.it/
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