venerdì 20 dicembre 2019

La patria dell'uomo saggio è l'universo.


                                                
                                       The wise man's home is the universe

ill: hassan massoudy calligraphy

sabato 30 novembre 2019

Modi di dire

                        ”Non ha ottenuto né datteri dello Sham 
                               né uva dello Yemen"


La storia che dà origine al proverbio racconta di un ragazzo dell’Hijaz che decise di andare a raccogliere l’uva dello Yemen, famosa per la sua bontà. Sulla strada incontrò un uomo che gli consigliò di andare invece nello Sham, celebre per i suoi datteri. Il ragazzo, a questo punto, rimase indeciso sulla strada da percorrere, ma alla fine seguì il consiglio dell’uomo. Una volta giunto nello Sham, venne a sapere che non era la stagione dei datteri, così ritorno sui suoi passi alla ricerca dell’uva dello Yemen, ma anche lì rimase deluso: ormai non era più la stagione dell’uva! Così rimase a bocca asciutta.
Questo proverbio ci consiglia di non indugiare troppo nella nostra indecisione, perché alla fine rischiamo di rimanere senza niente e non ottenere quello che vogliamo.



https://corsiarabotraduzioni.wordpress.com/frasi-arabe/

giovedì 31 ottobre 2019

Chi sono i Tuareg.



Con il termine Tuareg si identifica un nutrito popolo berbero, di oltre mezzo milione di persone, tradizionalmente nomade e stanziato nelle zone desertiche del Sahara tra cui Algeria, Libia, Mali e Burkina Faso. Gruppi nomadi analoghi sono presenti anche in Ciad, dove vengono chiamati Kinnin.
Il vocabolo berbero twāreg, diventato touareg in francese e tuareg in inglese, è un termine dispregiativo dato loro dagli arabi e significa "gli abbandonati da Dio” per via della loro opposizione alla dottrina di Maometto. I leggendari uomini del Sahara preferiscono chiamarsi Imohag, cioè “uomini liberi”. Negli anni hanno mantenuto inalterata o quasi, la purezza della razza, rimanendo fedeli a tradizioni e culture vecchie di secoli. Hanno imparato ad orientarsi tra le monotone lande del deserto con l’aiuto delle stelle,  riuscendo ad attraversare le sconfinate distese di sabbia su dromedari, per trasportare oro, sale e spezie.  Solitamente di alta statura, con fisici robusti e ben allenati, i Tuareg sono comunemente noti per i loro visi magri e allungati, solcati da grandi occhi scuri e capelli neri, nonché da una carnagione altrettanto scura. Sono ospitali verso lo straniero e in occidente sono conosciuti come “uomini blu” per via del velo blu indaco che indossano e che colora la loro pelle di blu. Sono organizzati in confederazioni,che comprendono, ciascuna, circa cento tribù, più o meno assoggettate ad uno stesso capo.
La loro storia è costellata da innumerevoli battaglie. A partire dal Settecento inizia la lunga battaglia contro gli Arabi e i Tuareg finiscono per convertirsi all’Islam, interpretando tuttavia a modo loro la dottrina di Maometto e conservando alcune tradizioni animiste. Riescono a mantenere integra la loro identità, la loro lingua e il loro alfabeto, il Tifinagh, costituito da forme geometriche scritte in orizzontale, verticale, da destra a sinistra, dall’alto in basso, ribadendo ancora una volta la creatività e la libertà di questo popolo.
Con la colonizzazione francese dell’inizio del secolo, gli uomini del deserto vedono limitato il loro spazio; con la decolonizzazione degli anni Sessanta sono obbligati ad imparare il significato di parole fino ad allora sconosciute, come «sedentarietà» ed «emarginazione».
La loro autodeterminazione li ha costretti a subire molte rappresaglie da parte di stati come il Mali e il Niger, che li volevano sottomettere al governo centrale. Soprattutto nel nord del Niger esistono ancora oggi gruppi di guerriglieri Tuareg che portano avanti la lotta armata per l'indipendenza e l'autodeterminazione politica e culturale del proprio popolo. Nonostante questo, oggi corrono il rischio di scomparire, schiacciati dalla civiltà moderna che sta cancellando la loro cultura secolare. Le lunghe carovane di un tempo sono sparite in quanto il grande commercio transahariano si svolge su automezzi pesanti o per mezzo di aeroplani e le piste del deserto sono percorse da fuoristrada carichi di turisti. Di conseguenza gli ex schiavi cercano lavoro nelle imprese petrolifere mentre i nobili continuano ad allevare dromedari sempre più inutili. Le autorità hanno avviato politiche di sedentarizzazione forzata che hanno prodotto risultati disastrosi: sradicati dal loro habitat e imprigionati nei caotici ritmi delle città, i Tuareg sono stati relegati ai margini della vita sociale.

mercoledì 16 ottobre 2019

La poesia egiziana di: Sayed Hegab


Nasciamo per morire...



Nasciamo per morire...
... generiamo per il buio della terra
costruiamo per distruggere
e la voce alziamo prima di svanire in silenzio
la vita scorre sbattuta nella più selvaggia solitudine
e noi corriamo... assetati dietro un miraggio
e viviamo per colmare d’acqua
brocche frantumate
Ma la verità stupefacente
è che angeli...
e demoni...
hanno ancora per noi...
mille attenzioni


Sayed Hegab

martedì 1 ottobre 2019

L'uccello indiano



Un mercante teneva un uccello in gabbia. Dovendo recarsi in India, paese originario dell'uccello, gli chiese se desiderava che gli riportasse qualcosa da quel paese. L'uccello chiese di ottenere la sua libertà, ma il mercante gliela negò. Allora lo pregò di recarsi in una certa giungla dell'India e di annunciare la sua cattività a tutti gli uccelli che vivevano in libertà.
È ciò che fece il mercante, ma aveva appena finito di parlare quando un uccello selvatico, simile in tutto al suo, cadde esangue ai piedi del ramo sul quale era appollaiato.
Il mercante pensò allora che doveva sicuramente trattarsi di un parente prossimo dell'uccello in gabbia, e fu addolorato di aver causato la sua morte.
Quando fu di ritorno, l'uccello gli chiese se portava buone notizie dall'India.
"Ahimè, no", disse il mercante, "temo che le notizie siano brutte! Uno dei tuoi parenti prossimi è stramazzato ai miei piedi quando ho parlato della tua cattività".
Aveva appena pronunciato queste parole, quando l'uccello indiano stramazzò a sua volta nella gabbia. ^ "La notizia della morte del suo parente ha ucciso anche lui", pensò il mercante. Era desolato; lo raccolse e andò a poggiarlo sul davanzale della finestra. All'istante, l'uccello tomo in vita e volò sul ramo più vicino.
"Ora sai", disse l'uccello al mercante, "che ciò che per tè era una calamità, per me era una buona notizia. E nota come il messaggio, cioè come comportarmi per riacquistare la mia libertà, mi è stato trasmesso proprio da tè, mio carceriere". E volò via, finalmente libero.


Una favola di Rumi
http://www.sufi.it/

mercoledì 11 settembre 2019

Proverbi



Chi ha testa saggia ha la bocca stretta 
(العاقل من أمسك لسانھ)


Il bue si prende per le corna, l'uomo con la parola 
(الثّور تمسكه من قرونه، والرّجل تمسكه من كلامه)

L'uomo si sente vecchio, la donna si vede vecchia 
(یعرف عمر الرجل بقدر ما یحس و عمر المرأة بقدر ما تبدو)

Chi sta per annegare si attacca anche a una cannuccia 
(الغریق یتعلق بقشھ)

giovedì 15 agosto 2019

L'invenzione dei numeri



Anche per l'uso dei numeri l'Occidente deve molto alla cultura araba: mentre i Cinesi per indicare i numeri usavano dei trattini e i Greci facevano ricorso alle prime lettere dell'alfabeto, gli arabi introdussero l'uso delle cifre, quelle che noi usiamo ancora oggi e che vengono dette impropriamente arabe, poiché in realtà sono di origine indiana.Un astronomo indiano, infatti, chiamato a Baghdad per tradurre delle tavole astronomiche, trasmise agli Arabi il loro sistema di numerazione. Una tappa fondamentale fu poi la scoperta dello zero, anch'essa realizzata dagli scienziati indiani sin dal terzo secolo avanti Cristo. Si trattava di una rivelazione rispetto ai sistemi usati fino ad allora perché con quei dieci piccoli simboli si poteva scrivere qualsiasi tipo di numero, per quanto grande esso fosse. Gli arabi compresero subito i grandi vantaggi del sistema di numerazione indiano; un grande matematico arabo adottò i nuovi simboli in un famoso trattato, il cui titolo abbreviato, al-Giabr (che significa "arte delle soluzioni"), diede il nome al ramo della matematica che chiamiamo oggi algebra. In Europa l'uso dei numeri arabi fu introdotto nel 1200, dal commerciante pisano Leonardo Fibonacci.


www.skuola.net

giovedì 18 luglio 2019

La poesia araba di: Fawziyya Abu Khalid


"Poema D'Acqua"





Ha intinto le dita nel deserto
e ha scritto con l'acqua del miraggio una poesia... che
cade
cade
cade
in ritmo impercettibile.


Fawziyya Abu Khalid (Arabia Saudita)

lunedì 1 luglio 2019

10 modi di dire diffusi in Medio Oriente





بالع راديو = ‘avere una radio in bocca’: si usa per riferirsi alle persone che parlano molto e velocemente
في سابع نومه = ‘essere nel settimo sonno’: dormire profondamente
طاح الفاس بالراس = ‘la scure incombe sulla sua testa’: si usa quando si prospettano guai, simile al nostro ‘la frittata è fatta’
الوضع متكهرب = ‘la situazione è elettrificata’: simile all’italiano, si usa quando c’è un’atmosfera di forte tensione nell’aria
>لسانه طويل = ‘avere la lingua lunga’: si usa per indicare una persona impudente e sfacciata
دمه خفيف = ‘avere il sangue leggero’: si usa per indicare una persona piacevole e affascinante
دمه ثقيل = ‘avere il sangue pesante’: opposta alla precedente, indica una persona noiosa
طلع عيني = ‘farsi cavare gli occhi’: si usa quando si è messi in difficoltà da qualcuno
رجلي على رجلك = ‘la mia gamba sulla tua gamba’: espressione che significa “dove vai tu, vengo anche io”
العين ما تعلا عن الحاجب = ‘l’occhio non va oltre il sopracciglio’: equivale all’italiano ‘stare al proprio posto’

mercoledì 12 giugno 2019

Abbigliamento arabo tra passato e presente: l'abito nuziale femminile di Tlemcen


A Tlemcen, città situata a nord-ovest dell’Algeria, il costume nuziale femminile incarna il rito del matrimonio, principale evento festivo della vita della popolazione. E’ il simbolo dell’alleanza tra le famiglie e della continuità tra le generazioni. La sua preservazione garantisce la sopravvivenza di tradizioni artigianali plurisecolari, in particolare la tecnica della tessitura della seta con filo d’oro e d’argento chiamata «mansouj», e le tecniche di ricamo su velluto con filo d’oro e d’argento, «majboud» e «fatla». Al giorno d’oggi la sposa indossa da sette a dieci abiti da cerimonia. Alcuni modelli si tramandano da molti secoli, in particolare il «rda» composto da un peplo drappeggiato di origine antica e di una giacca «at» dalle maniche ricamate di stile ottomano. Altri risalgono all’inizio del secolo scorso come l’abito «blousa» con maniche a palloncino di tipo europeo. La sposa ne indossa due o tre modelli diversi tra cui la «blouset el-mansouj» in seta a righe artigianale. Il modello più rappresentativo del rituale si chiama «labsat el-arftane» (costume del caftano), composto da un caftano di media lunghezza in velluto ricamato in oro con maniche «kmam»  in merletto ricamato con paillettes, innumerevoli fili di perle barocche, una gonna tipo pareo « fouta » di origine berbera, una cintura in seta ricamata «mansouj», un’acconciatura conica «chachiya» di origine andalusa e una moltitudine di gioielli d’oro e di accessori in seta. L’abito della sposa di Tlemcen fa parte di un rito ereditato dall’epoca antica ed e’ strettamente legato all’usanza mediterranea della dote. La sua trasmissione e’ affidata alla madre della futura sposa , sovente aiutata dalle zie e dalle nonne. Fin dalla più giovane età della figlia, la madre si occupa di preparare il corredo, il «chohra», che comprende tra l’altro l’essenziale delle sete, merletti, abiti , accessori e ornamenti necessari alla realizzazione delle diverse tenute del costume nuziale. Dietro alla realizzazione di quest’abito c’è il lavoro di molti bravissimi artigiani che lo cuciono e lo realizzano secondo rituali molto antichi. Il costume nuziale di Tlemcen è stato annoverato nel 2012, nella lista dei patrimoni dell’umanità Unesco. L’abito è stato premiato perché nel corso dei secoli ha raccolto senza snaturarsi, la storia della sua città a partire dalle influenze che si sono fuse o alternate sul territorio: da quella berbera, romana, bizantina, araba, andalusa, turca e francese. L’abito è anche il simbolo dell’incontro pacifico delle religioni che si sono alternate  o che hanno pacificamente convissuto come quella pagana, cristiana, musulmana ed ebraica.

mercoledì 15 maggio 2019

Proverbi



Chi sa fare tutto non sa fare nulla.
(صاحب الصنائع السبع لا یتقن أي صنعة)

Il buon servitore si riconosce in assenza del suo padrone.
(یعرف الخادم عند غیاب سیده)

Il pessimo lavoratore incolpa sempre i suoi attrezzi.
لصانع المھمل یلقي باللوم على أدواتھ دائما)

>Un ladro passa per gentiluomo quando la refurtiva lo ha reso ricco.
(إذا اغتنى اللص یظنھ الناس شریفا)

venerdì 12 aprile 2019

La poesia algerina di: Zehor Zerari

Se tu fossi


  Se tu fossi un edelweiss             
  scalerei
  la montagna azzurra
  per coglierti.
  Se fossi un fiore acquatico
  mi tufferei nelle verdi
  profondità sottomarine
  per prenderti.
  Se fossi un uccello
  andrei
  nelle immense foreste
  per ascoltarti.
  Se fossi una stella
  veglierei
  tutte le mie notti
  per vederti, Libertà.




Zehor Zerari ( poeta algerino del '900)

venerdì 15 marzo 2019

Perché si dice "assassino"?




Assassino: deriva dalla parola araba hashishiyya o anche hashshashiyya, che significa letteralmente fumatore di hashish. Il termine fu usato per indicare gli adepti del gruppo ismailita dei Nizariti di Alamut in Persia, che seguivano con obbedienza cieca il loro capo noto come "il Veglio della Montagna". Gli aderenti alla setta avevano costituito una sorta di organizzazione terroristica ante litteram, per realizzare azioni violente e assassini politici in vari paesi del Vicino Oriente. Si dice che, prima di andare a compiere simili imprese, i membri del gruppo si inebriassero, fumando cospicue quantità di hashish: da qui la denominazione, dalla connotazione denigratoria, di hashishiyya che fu loro attribuita. L’uso del termine è stato poi esteso ad indicare l’omicida, senza particolari attributi.

sabato 2 marzo 2019

Tughra

Tughra di Sultan Sulaiman il Magnifico

Tughra era la firma personale o sigillo dei sultani ottomani, usata nei documenti ufficiali e nella corrispondenza del sovrano. Si tratta di uno dei maggiori esempi dell'arte calligrafica araba. La prima tughra di un sultano ottomano è attribuita a Orhan, che governò dal 1326 al 1362 ma nella sua forma classica, si sviluppò durante il regno di Sultan Sulaiman il Magnifico (1494-1566).
Dato che le tughras servivano per firmare e sigillare sono state intenzionalmente rese difficili da leggere e copiare per evitare contraffazioni e garantire l'autorità del sultano.
La tughra doveva avere uno stile e una forma molto particolare. Ci sono numerose teorie su come questa forma sia nata. Alcuni ipotizzano che i primi leader turchi analfabeti avrebbero  fatto immergere i pollici e le prime tre dita nell’inchiostro  per poi riportare le impronte sulla carta, altri ipotizzano che le tre linee alte simboleggiano i tre continenti che gli ottomani controllavano (Europa, Asia e Africa). Qualunque siano le ragioni della sua forma, vi erano delle regole che si dovevano obbligatoriamente rispettare.
La tughra è  costituita da quattro elementi: il sere , la parte inferiore con una serie di lettere impilate che rappresentano il nome del sultano, il nome di suo padre, il suo titolo e la frase "l'eternamente vittorioso”, il tuğ , tre linee verticali, unite in alto da una forma a S , il beyze , due forme circolari concentriche che si estendono verso l'esterno a sinistra. Quello interno è chiamato küçük (piccolo) beyze mentre quello esterno è noto come büyük (grande) beyze. Infine, c'è il kol , un tratto curvo che si  estende dal sere al beyze.
I motivi in ​​stile tughra apparivano anche in altre forme di cultura ottomana, inclusi i manoscritti miniati; oggetti in vetro, metallo e legno, nonché parti di disegni tessili, inclusi i ricami . Le forme ricamate per la corte ottomana erano talvolta lavorate con tecniche di filo d'oro , mentre le forme "minori" potevano essere lavorate a punto raso in sete bianche o colorate e ricamati con alcuni fili di metallo.

venerdì 15 febbraio 2019

La magia bianca


Koubba au Maroc - Marcel Vicaire
Mentre la magia nera è praticata per procurare il male, la magia bianca di solito è praticata per scopi curativi. Il mago o incantatore usa espressioni e frasi come strumenti di magia demonizzati. Pur apparendo come qualcosa che proviene dalla potenza di Dio, la magia bianca è originata dalla potenza di Satana. La magia nera e bianca hanno dunque la stessa origine, vale a dire, il potere demoniaco. Ogni Paese del Nord Africa ha i suoi sepolcri di santoni o “koubba”, meta di pellegrinaggi di persone ingenue che ricercano aiuto e protezione. Pezzetti di lana o tessuto che appartengono alla persona per cui si vuole intercedere vengono lasciati sulla tomba o appesi agli alberi circostanti. Allo stesso tempo si offrono doni al santone. In Marocco le tombe più conosciute sono ad Azemmour e Marrakech, mentre in Algeria, tra le più famose, troviamo le tombe di Sidi Ali Moussa (Mettidja) e Sidi Soliman. Tra l’altro, il re Salomone è considerato dai musulmani come il più grande di tutti i maghi. Il suo nome distorto appare in molti incantesimi in uso in Marocco. Il pentacolo, conosciuto come il sigillo di Salomone, è raffigurato sulla bandiera marocchina. Si dice che per mezzo di un anello che recava inciso il pentacolo, Salomone controllava i demoni che abitavano il suo regno. Per essere più efficace, la contro-fattura deve essere ancora più potente dell’incantesimo che s’intende neutralizzare. A questo scopo bisogna procurarsi degli amuleti speciali dal “taleb”. In Algeria, durante i sette giorni di festeggiamenti nuziali, la sposa indosserà uno di questi amuleti, prima al polso destro poi sotto il copricapo e in infine nascosto nel foulard; tutto questo nel caso si tema sia stata fatta una fattura contro di lei. 
- Quando la madre di una giovane sposa viene a sapere che la figlia ha un nemico, preparerà con cura un incantesimo neutralizzante. In una buca scavata sotto la soglia d’entrata della casa della sposa, si colloca una tartaruga con una piccola quantità di “fasoukh” avvolto in una pezza annodata. La tartaruga è seppellita viva. Quest’incantesimo annulla qualsiasi sortilegio pronunciato contro la sposa. 
- Una madre che abbia il sospetto che il figlio sia rimasto vittima del malocchio (magari per il pianto eccessivo), prenderà una un po’ di sale in mano e la ruoterà per sette volte intorno alla testa del bambino, prima di gettare il sale in un braciere. Il sale scoppietterà: se il crepitio è forte come spari di cannone, la madre saprà che il figlio è sotto l’effetto del malocchio e quindi procederà alla contro fattura. Ruoterà intorno alla testa del bambino sette grani di sale. Un grano è gettato nel tubo di scarico, uno nella latrina e gli altri cinque nel fuoco. La madre poi recita un incantesimo sul sale con queste parole: “Occhio del vicino, occhio di ratto, occhio di colui che entra dalla porta di casa, sii gettato nel fuoco.” 
In alcune parti del Marocco si ricorre ad un altro tipo d’incantesimo come contro-fattura. Una persona, che terrà nascosta la propria identità per ovvi motivi, raccoglierà la polvere o la sabbia dalle impronte fresche del malfattore che si ritiene abbia praticato il malocchio. Questa polvere, raccolta in una borsa, viene poi cosparsa sulla persona, animale o cosa colpita dal malocchio, recitando allo stesso tempo un incantesimo. 

http://www.tuttoversoimusulmani.net/

venerdì 1 febbraio 2019

Il tandoor



Un tandoor  o tandoori  è un forno d'argilla a forma di campana rovesciata o cilindrico.  
Viene usato per cucinare Azerbaigian, Turchia, Pakistan, Afghanistan, India,  Iran, in quasi tutto il Medio Oriente e Asia meridionale. Il forno  contiene un piccolo fuoco alimentato da carbone di legna che brucia alla base del forno stesso. Molti tandoors hanno una porta sul fondo in modo che si possa regolare l'intensità del fuoco dalla quantità di ossigeno.
Il cibo posto all'interno del forno è così esposto sia al calore della fiamma viva, sia al calore irradiato che scalda l'aria, sia al fumo per eventuali affumicature. La temperatura all'interno del forno può raggiungere i 480 °C, ed è pratica comune tenere il forno acceso per lunghi periodi in modo da mantenere la temperatura adatta alla cottura. Il forno tandoor è una sorta di unione tra un forno a terra, o interrato, e un forno piano a muratura. Viene utilizzato nelle cucine mediorientali per cucinare piatti tipici come il Chicken Tandoori o il Chicken tikka, o molte delle varietà di pane locale come il tandoori roti o il naan. Il tandoor è attualmente un'apparecchiatura molto importante presente nei ristoranti indiani di tutto il mondo. Alcune moderne varianti del forno utilizzano l'elettricità o il gas GPL, anziché il carbone, per generare fiamme e calore. In Azerbaigian è conosciuto con il nome di tendir ed è largamente utilizzato come metodo di cottura di grigliate e un pane locale, il lavash.


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

martedì 15 gennaio 2019

Cos’è la zaghroutah ?



La zaghroutah è una forma di suono vocale, tra il canto e l’ululato, che viene praticata dalle donne in tutto il Medio Oriente ed in vari paesi del sub-continente africano. E’ il suono che rappresenta la felicità e l’immensa gioia e viene di solito eseguita in occasione di matrimoni, la sera del henna, per celebrare una nascita, durante le feste folkloristiche, la dabka ed altre celebrazioni.
La storia di questo suono risale ai tempi dell’antica Grecia, dove questa pratica sonora veniva già utilizzata dalla popolazione come espressione di gioia, di festeggiamento o di sacrificio .
Quando una donna vuole eseguire una zaghroutah il primo passo è quello di portare la mano davanti alla bocca, come se la si volesse coprire. Successivamente il suono viene generato facendo oscillare velocemente la lingua ai lati della bocca o dei denti con una sequenza rapida; questa combinazione di movimento crea un suono caratterizzato dal timbro vocale alto e vibrato. L’effetto finale del suono deve risultare una suono simile a “Lolololoolololoeeeey” o “Lolololoolololoeeeesh”.
Il matrimonio, oltre alla notte del henna e la zaffa( processione o marcia nuziale), è uno degli eventi più importanti nel mondo arabo, dove la zaghroutah gioca un ruolo importante nella tradizione folcloristica, specialmente quella palestinese e dei paesi del levante. Assieme alla zaghroutah vengono solitamente associate delle canzoni tradizionali, cantate dalle donne (tramandate da madre in figlia da generazioni) nelle quali la semplice zaghroutah si trasforma in zaghreet (plurale) un’altra importante forma musicale/sonora eseguita solamente dalle donne. Durante il matrimonio solitamente una donna inizia con questo sonoro “Heeey Hee …” o “Aweeha …”, per poi proseguire con una piccola poesia o poche brevi parole in rima e infine in conclusione viene eseguita assieme a tutte le donne una zaghroutah ad alta voce “Lolololoolololoeeeey“. Può risultare per un udito occidentale come un insieme di suoni indecifrabili o urla insensate, ma questa forma antica di suono e di canto popolari palestinese è la testimonianza di un popolo che ha una storia e una radice che risalgono ai tempi dei tempi, una civiltà che non è stata creata solo ‘ieri’ e dal nulla, ed è la conferma che la cultura e le tradizioni sono vive e radicate alla terra madre.


Fatima Abbadi
http://www.anordestdiche.com/come-si-canta-la-zaghroutah/

martedì 1 gennaio 2019

Il matrimonio e “la notte del henna”



In tanti paesi del medio oriente, decorare la sposa con l’ henna fa parte del rito matrimoniale. E’ una usanza che riserva un posto speciale tra gli usi e costumi tramandati; diffusissima in Palestina e in Giordania. Non ci si può sposare senza avere celebrato il giorno prima delle nozze l’attesissima “notte dell’ henna” E’ una cerimonia che coinvolge sia la famiglia della sposa, sia quella dello sposo, anche se però è di più significato per la sposa.
Si inizia partendo dalla casa dello sposo: un gruppo di donne porta sulla testa un vassoio di henna decorato con petali di fiori profumati e candele. Questo vassoio viene passato da donna in donna a turno e tra canti e balli si avviano verso la casa della sposa. Una volta arrivati a destinazione, le donne iniziano a decorare le mani della sposa e dello sposo con l’ henna (a volte si disegnano semplicemente le iniziali di lei e lui), dopodiché lo sposo offre la sposa il mahr (la dote), tutto questo accompagnato da balli, canti e tanta musica tradizionale palestinese.
Durante la notte spesso vengono cantate molte canzoni popolari e folcloristiche. Ne esistono di due tipi: il primo è quello che in arabo si chiama al-mardudeh, che è una sorta di botta e risposta tra il cantante, noto come badda'a (il talentuoso) e il gruppo di donne presenti al matrimonio e si narrano leggende inerenti al giorno del matrimonio, storie della vita quotidiana simpatiche o semplicemente per enfatizzare la bellezza della sposa con l’ henna. Il secondo tipo è noto in arabo come il mhaha, che è una canzone solista eseguita da una delle donne per una ragione particolare e indirizzata a una persona specifica.

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