Ciò che in Occidente viene chiamato "velo", ed erroneamente alcuni pensano essere stato introdotto dall'Islam, esisteva in realtà ben prima di esso. Una legge del XII secolo a.C. nella Mesopotamia assira, sotto il regno del sovrano Tiglatpileser I (1114 a.C. — 1076 a.C.), rendeva già obbligatorio, ad ogni donna sposata, utilizzare il velo fuori dalle mura di casa. Esso appariva anche nel mondo greco: un esempio si ha in un passo dell'Iliade, dove la dea Era, decisa ad uscire dalla sua reggia sull'Olimpo per recarsi sul Monte Ida, si veste di tutto punto e, prima di indossare, come ultima cosa, i calzari, avvolge intorno alla testa "una leggiadra / e chiara come sole intatta benda", un velo sottile che posato sui capelli scendeva fin sulle spalle, e con uno dei lembi poteva coprire anche il viso. Era una variante del velo usato dalle spose.
Nel Medioevo si hanno notizie di tre donne che nel XIII e XIV secolo ebbero la possibilità di tenere delle lezioni di Diritto all'Università di Bologna, ma soltanto a condizione che tenessero il corpo e il volto completamente velati per non distrarre gli studenti.
Nella Penisola araba pre-islamica le donne godevano di vasti privilegi in campo coniugale: poliandria mirante alla procreazione di fanciulli sani in caso di impotenza del primo marito, possibilità di ripudio del marito e matrimoni a tempo predeterminato (mut'a), per il quale era assolutamente prescritto il libero consenso della donna e in base al quale l'eventuale figlio della coppia rimaneva al padre, che se ne assumeva ogni onere economico. Troviamo donne imprenditrici e notevolmente attive in campo politico.
A ridosso della nascita dell'Islam, alcuni di questi istituti giuridici non risultavano essere più validi: segno probabile di una rivalsa virile a discapito del ruolo della moglie: è probabile che l'uso del velo, in questo periodo, fosse comunque abbastanza diffuso, sia pur non generalizzato come in seguito con l'affermarsi dell'Islam.
Secondo alcuni sociologi, con l'avvento dell'Islam il velo diventa il simbolo di una ritrovata dignità femminile, dal momento che la donna diventa soggetto di alcuni precisi diritti (al mahr, ad esempio, una quota di beni o denaro obbligatoriamente versata dall'uomo a tutela dell'eventuale vedovanza o di un ripudio subito, senza dimenticare il diritto all'eredità, per quanto normalmente determinata nella metà della quota-parte riservata al maschio avente pari titolo giuridico); secondo altri, l'obbligo del velo manifesta invece la subordinazione della donna rispetto all'uomo, vista come una sua proprietà e quindi costretta a nascondere il proprio capo a tutti gli altri uomini, se non a quelli della propria famiglia. La religione islamica chiede inoltre alle donne che si convertono di velarsi per essere distinte dalle non musulmane.
Rimane un dato storico incontrovertibile che l'uso del velo non sia una pratica esclusivamente e specificamente musulmana, ma semmai araba e anteriore all'Islam, diffusa anche in varie altre culture e religioni, tra le quali il Cristianesimo orientale e in generale il mondo bizantino. Il suo scopo principale era quello di segnalare le differenze sociali, indicare le donne che dovevano essere oggetto di un particolare rispetto, e spesso marcare la differenza tra sacro e profano.
ill: Five Baghdadi Women (1982) - Ismail al Sheikhly
Le donne sarde portavano copricapo e mantelli simili, ed è pure la ragione perla quale sto esplorando certe culture. Qua, non si usa più, solo le anziane si coprono il capo oggi, ma nessuno ha assunto questa usanza per renderla simbolo di una cultura o altro. Amo l'antropologia e sono curiosa, ci sono molte similitudini fra abiti di donne sarde e certe culture.... che siano palestinesi indiane o musulmane non cambia tanto. Esistono simili tratti.
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