lunedì 28 ottobre 2024

Conoscere il Marocco attraverso i libri

Ci sono persone che prima di un viaggio in un paese sconosciuto, amano informarsi sulla sua cultura, sui suoi usi e costumi e c’è chi invece, si affida ai libri proprio perché, non potendo viaggiare, ha la possibilità di conoscere un paese lontano…ad esempio il Marocco. Questa è la classifica dei primi 10 libri che aiutano a conoscere questo paese. 


           1-Marocco - di Tahar Ben Jelloun 


Ben Jelloun descrive, con dovizia di dettagli, la vera essenza del paese, da Tangeri fino a Casablanca, Fès e Marrakech, lungo i sentieri dell’Atlante, tra le kasbah del deserto e la sperduta pianura di Chaouia portando il lettore nel cuore del Marocco, in un viaggio interiore ed esteriore, fisico e spirituale.



                                    2 - Le voci di Marrakech di Elias Canetti


Elias Canetti, scrittore bulgaro vincitore del premio Nobel, trascorse a Marrakech alcuni mesi nel 1954. Durante questo suo soggiorno, scrisse le pagine di questa stupenda opera di narrativa. Il libro traccia una sensazionale panoramica della città berbera, di cui vengono descritti scene di vita quotidiana, suoni, colori, odori e pensieri. Infatti, vagando tra i contorti vicoli del souq e ammirando il vorticoso movimento di Piazza Jemaa el-Fna dal famoso Cafè de France, lo scrittore riscopre il piacere della vita.


                                 3 - Il tè nel deserto di Paul Bowles

Paul Bowles si innamorò del Nord Africa durante un viaggio in Marocco, Algeria e Tunisia. Ma sopratutto era particolarmente legato al Marocco e lo dimostra la sua scelta di andare a vivere a Tangeri. Proprio qui scrisse” “Il tè nel deserto” che è considerato il più grande capolavoro del genere. La storia narra di una coppia americana che, durante un viaggio nel deserto marocchino, finirà per ritrovare se stessa tra villaggi berberi, dune di sabbia e cieli stellati.


        4 - Il cantastorie di Marrakech di J R. Bhattacharya

Uno dei libri ambientati in Marocco più suggestivi e originali, è “Il cantastorie di Marrakech“ dello scrittore indiano Joydeep Roy-Bhattacharya. E’ un avvincente romanzo giallo ambientato nel cuore della città rossa dove il protagonista Hassan, è uno dei tanti cantastorie che popolano la magica Piazza Jemaa el-Fna.


           5 - La terrazza proibita   di Fatema Mernissi


Fatema Mernissi è una delle più influenti figure femminili del mondo arabo. Nata e cresciuta nel 1940 in un harem di Fès, la scrittrice e sociologa marocchina descrive , in questa biografia, la sua vita con grande coraggio e determinazione. Un libro straordinario che ci descrive l’importanza dell’emancipazione femminile, ma anche delle antiche tradizioni.


        6 - I Tuffatori di Casablanca di Rosita Ferrato 

“I tuffatori di Casablanca” è probabilmente il  libro che fornisce l’idea più nitida del Marocco di oggi trasportando il lettore nelle storie della gente comune e le pagine sono arricchite da fotografie dell’autrice e splendide illustrazioni dell’artista Paolo Galetto.


      7 - Ultimo Tè a Marrakech di Toni Maraini


In questo libro ci vengono raccontate 14 storie sul Marocco, ognuna delle quali ci trasporta in una realtà diversa. Toni Maraini ( sorella di Dacia Maraini) ha vissuto in questo paese dal 1964 al 1986, e in questi 22 anni ha imparato a conoscere e apprezzare una realtà tanto affascinante quanto complicata. Pertanto, dopo aver incontrato pescatori, anziane donne e ambigui personaggi, si ritroverà a contemplare la piazza di Marrakech e fornirci una chiara visione d’insieme di un paese estremamente variegato.


                            8 - La casa del califfo di Tahir Shah

“La casa del califfo”  è un libro sulla cultura marocchina. Tra le pagine di questa biografia si scoprono le mille contraddizioni di questo paese e della sua gente. Ma la particolarità di questo libro è il fatto che l’autore è uno scrittore inglese di origine afghana, che da Londra ha deciso di trasferirsi a Casablanca con tutta la famiglia.  L’autore si confronterà così con una realtà complessa, tra islamismo e tradizioni africane. Nonostante un primo periodo di difficile integrazione, Tahir troverà finalmente la pace a Casablanca, nella città che ora può finalmente chiamare “casa”.

    9 - Una sconosciuta a Tangeri  di Christine Mangan 

In questo libro ci si tuffa nella Tangeri degli anni ’50, città di stranieri, avventurieri e delinquenti occidentali. La scrittrice ci racconta di Alice, una donna americana che, trasferitasi a Tangeri, si sposa con John. A una trama fatta di ossessioni, gelosie e manipolazioni, fa da sfondo la misteriosa Tangeri di quegli anni.


                             10 - La valle delle casbah di Jeffrey Tayler

Si tratta della testimonianza di un’incredibile avventura di viaggio fatta dall’autore: percorrere l’intero corso del Draa a dorso di cammello. In un viaggio lungo la cosiddetta Valle delle mille Kasbah, in compagnia del beduino Hassan e di un trio di cammelli, si scopre la magia più autentica del Marocco. Un viaggio, quello di Tayler, nella grande ospitalità berbera, tra le suggestioni del deserto e i cortili delle vecchie kasbah.



Fonte: https://www.archetravel.com/blog/libri-marocco/

venerdì 23 agosto 2024

Abbigliamento nel mondo arabo tra passato e presente: kachabia


La kachabia (qashabiya) è un tradizionale indumento invernale berbero simbolo degli Altipiani dell’Algeria. Viene realizzata principalmente nel cuore di Djelfa e nei suoi dintorni, ma è presente anche nelle regioni orientali del Marocco, nell'Aurès e in Tunisia. Questo lungo cappotto, dotato di cappuccio, si differenzia dal burnus per la presenza delle maniche e della chiusura ed ha resistito alla prova del tempo senza subire la minima variazione, nonostante la concorrenza di  capi d’abbigliamento con stili , aspetti e colori sempre più attraenti. Confinata a lungo solo nelle regioni rurali e negli ambienti nomadi, la kachabia si è poi imposta nelle cosiddette “aree urbane sedentarie” e si è affermata tra notabili, dirigenti, leader aziendali, funzionari e personaggi pubblici. Richiesta da giovani e anziani,  di diverse categorie sociali, è sfoggiata con orgoglio nelle occasioni ufficiali e nelle feste religiose.  E’ realizzata in pelo di cammello o lana di pecora  e i prezzi sono fissati in base al numero di ore impiegate per realizzare l'abito e al materiale utilizzato, infatti c'è una chiara differenza nel valore di una kachabia fatta con pelo di cammello "wabr", con lana di pecora o quella realizzata con prodotti sintetici . Pertanto, una kachabia di lana viene venduta a partire da 25mila dinari e il suo prezzo può raggiungere i 200mila dinari, o più, se interamente realizzata con pelo di cammello.

domenica 7 luglio 2024

Buon 1446!


                                            Oggi, è il 01/01/1446 -------- 07/07/2024

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venerdì 21 giugno 2024

Conoscere i Tuareg: le occupazioni



I Tuareg vivono spostandosi da un pozzo all’altro, allevando dromedari,  e coltivando palme da dattero che, insieme al latte di dromedario, costituisce il loro principale alimento.

Ogni cabila (tribù) ha le sue palme in oasi diverse in quanto la scarsezza di vegetazione rende necessari continui spostamenti per il nutrimento dei cammelli.

Quando per un motivo qualunque rimangono senza acqua, si seppelliscono fino al collo nella sabbia per evitare il disidratamento e, in casi estremi, sistemano i neonati dentro il ventre dei dromedari uccisi, per mantenerli idratati.

Quando qualcuno viene morso da una vipera, poiché il vaccino a causa del caldo spesso non fa effetto, lo scuotono per ventiquattro ore per impedirgli di addormentarsi.

I nomadi dedicano molto tempo alle conversazioni, bevono il the, ricordano il passato, coccolano i loro figli, organizzano matrimoni; ma tutto questo all’imbrunire, dopo che hanno completato tutte le loro mansioni che sono egualmente divise fra i vari componenti la comunità.

I ragazzi più grandi conducono il bestiame al pascolo, facendosi aiutare dai loro feroci ma preziosi cani. 

Le donne si occupano di tutte le faccende dell’accampamento:

montare la tenda che è costituita da un ambiente assai spazioso ricoperto da tappeti, provvedere al rifornimento di acqua attingendola ai pozzi con otri di pelle, lavorare il latte per produrre burro, formaggio, yogurt, macinare ed impastare la farina, tessere i tappeti ecc.

Gli uomini, invece, coltivano le arti marziali, si dedicano alla caccia e difendono la tribù.

Tra i nomadi tuareg del Niger c'é un'usanza che ha valore di vero istituto sociale, anche se affidato esclusivamente alla trasmissione orale:

la vita dei nomadi tuareg é legata alla mandria di bestiame e quando una famiglia, per disavventura perde il bestiame, e quindi si trova in grave difficoltà di sopravvivenza, un'altra famiglia che possiede una buona mandria presta alcuni capi di bestiame perché la famiglia in difficoltà possa ricostituire la sua mandria.

Tutto é regolato da norme precise e minuziose: passato il tempo necessario, i capi di bestiame vengono restituiti, senza alcun interesse.

sabato 11 maggio 2024

Chi era Nâzım Hikmet


Nâzım Hikmet Ran nasce a Salonicco il 15 gennaio 1902 e muore a Mosca il 3 giugno 1963. Drammaturgo, poeta e scrittore.

In realtà Nazim nasce il 20 novembre del 1901 ma viene registrato all'anagrafe in ritardo. Cresce in una famiglia agiata, il padre è diplomatico, la madre pittrice e appassionata di poesia francese. Comincia a scrivere a quattordici anni e pubblica per la prima volta un suo scritto su una rivista a diciassette. Soggiorna a Mosca dal 1921 al 1928, entrando in contatto con la cultura sovietica di avanguardia. Torna in Turchia come clandestino a causa del governo anticomunista e viene condannato, dieci anni dopo, nel 1938, a ventotto anni di carcere con l’accusa di propaganda comunista e di complotto contro il governo. Ne sconta dodici in una prigione dell’Anatolia nel corso dei quali è colpito da un primo infarto. Nel 1949 una commissione internazionale di artisti e intellettuali, fra i quali Picasso, Neruda e Sartre, fa pressioni al governo turco per la sua scarcerazione, che avviene l'anno successivo.I rapporti che intercorrono tra Nazim e il governo, lo costringono  comunque a rifugiarsi nuovamente in Russia. La sua fuga lo vede attraversare il Bosforo di notte col mare agitato, rischiando di annegare, ma avvistato da una nave bulgara viene tratto in salvo. Nel 1951 rinuncia alla cittadinanza turca, e ottiene asilo politico in Polonia, ma si stabilisce comunque in Russia. Oltre agli anni difficili della detenzione, l’altro grande male nella vita di Hikmet è il cuore troppo vulnerabile alla bellezza femminile. Nâzım Hikmet si innamora di molte donne, ma c’è un solo grande amore. Durante la prigionia per non crollare immagina una ragazza di diciassette anni, biondissima e con le labbra carnose. Nel 1955, a Mosca, incontra Vera Tulyakova, trent’anni più giovane di lui e più bella della ragazza che aveva sognato. E’ amore a prima vista ma purtroppo lui è sposato e lei non se la sente di iniziare una relazione. Si ritrovano due anni dopo e questa volta è lei ad avere un marito e un figlio. «Prima di amarti non sapevo nemmeno amare il mondo» questa è la frase che Nazim le ripete in continuazione. Passano anni, continua il corteggiamento e sono scritti molti versi sciolti in turco, fino a che il 18 novembre 1960 Nâzım Hikmet e Vera Tulyakova si sposano. Sono anni felici vissuti intensamente, ma solo  tre anni dopo, il 3 giugno 1963 Hikmet si spegne a Mosca a causa di un nuovo infarto. Alla moglie viene chiesto un documento da fornire all’ospedale, Vera apre il portafogli e trova una sua fotografia, sul retro l’ultima poesia.


                 Ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia

                 Ciò che ho scritto di noi è tutta verità 

sabato 6 aprile 2024

La poesia turca di Nâzım Hikmet : Amo in te


Amo in te
l’avventura della nave che va verso il polo
amo in te
l’audacia dei giocatori delle grandi scoperte
amo in te le cose lontane
amo in te l’impossibile
entro nei tuoi occhi come in un bosco
pieno di sole
e sudato affamato infuriato
ho la passione del cacciatore
per mordere nella tua carne.

amo in te l’impossibile
ma non la disperazione.

lunedì 26 febbraio 2024

Una storia sufi: Settant'anni

 


Un vecchio si recò dal medico. Quando gli ebbe spiegato che le sue facoltà intellettuali declinavano, il medico rispose:
«Questo è dovuto alla tua età avanzata!»
«La mia vista, anch’essa, si indebolisce!»
«Ma è perché tu sei vecchio!»
«Ho dei forti dolori alla schiena.»
«Non è che l’effetto della vecchiaia!»
«Non digerisco nulla di quello che mangio.»
«Se il tuo stomaco è debole, la responsabilità è dovuta alla tua età avanzata!»
«E, quando respiro, il mio petto è oppresso.»
«È normale. Tu sei vecchio! E la vecchiaia porta con sè dei malanni!»
Il vecchio allora si infastidì:
«Specie d’idiota! Cosa significano questi bei discorsi? Tu non conosci nulla della scienza della medicina. Tu sei più ignorante di un asino! Dio ha creato un rimedio per ogni male, ma tu l’ignori! È così che hai imparato il tuo mestiere?»
Il medico replicò:
«Tu hai più di settant’anni! È a questo che sono dovute la tua collera e le tue amare parole».

Ill: Arab old man painting by the algerian painter Hamri Abdelkarim

domenica 14 gennaio 2024

Marocco : i 10 piatti da non perdere



Baghrir

La colazione in Marocco non può non prendere il nome di baghrir, gustosissimi pancake che possono essere accompagnati da miele o sciroppo d'acero, squisiti e facili da preparare si accompagnano bene con del succo d’arancia.

Couscous

Il couscous è considerato il piatto simbolo della cucina marocchina, nonché della cucina araba mediterranea in generale. Si tratta di granuli di semola cotti in acqua bollente, piatto semplice e ormai molto conosciuto in Italia che lo ha adottato tra le sue pietanze.

Tajine

Il tajine è un piatto a base di carne e verdure cotti in una padella di terracotta. Il tutto si deve cuocere a fuoco lento, per diverse ore in modo da mantenere la fragranza del cibo. Si aggiungono infine le spezie per un gusto veramente indescrivibile.

Tanjia

La tanjia è il piatto tipico di Marrakech, agnello, cumino, ras el hanout, zafferano, limone candito, burro e olio, cotti in una giara di terracotta a fuoco lento e condito con una miriade di spezie tipiche della tradizione araba. 

Mèchoui

Il mèchoui è un piatto a base di agnello arrosto servito con pane, cumino e sale. Si tratta di un altro piatto tipico della cucina di Marrakech, caratterizzata da piatti a base di carne ma non di maiale per la tradizione islamica che lo vieta. L'agnello è molto utilizzato per fare da base a diverse pietanze.

Zuppa harira

L'harira è la zuppa nazionale marocchina, simbolo del Ramadan. Ognuno ha la sua ricetta tipica, questo significa che non si mangia nello stesso modo in ogni luogo. Si tratta di un mix di carne, legumi, verdure e spezie che la rendono veramente gustosa.

Pastilla

La pastilla è una specie di pizza rustica con una sfoglia leggera dorata al burro ripiena di carne, cipolle, mandorle, coriandolo, zafferano e cannella. Si serve con un po di zucchero a velo, e ha quel sapore misto tra dolce e salato.

Katban

Il katban è un gustoso piatto a base di agnello che si serve come uno spiedino. Prima di essere cotta la carne viene macerata in una salsa di cipolle, prezzemolo, paprica, sale, pepe, cumino e olio d’oliva.

Corni di gazzella

I corni di gazzella sono piccoli dolci con una base di mandorle tritate, cannella e acqua di fiori d’arancio. Si accompagna generalmente al tè verde alla menta, bevanda tipica del luogo. Questi dolci sono ideali per la colazione o anche per la merenda pomeridiana.

domenica 24 dicembre 2023

Conoscere i tuareg: la religione


In origine animisti, i Tuareg sono stati convertiti all’Islam 1200 anni fa dagli arabi, ma mantennero intatte alcune delle loro tradizioni animiste e modificarono alcune di quelle musulmane:

- è l’uomo e non la donna a tenere il volto coperto;

- non sono soliti pregare cinque volte al giorno rivolti verso la Mecca;

- gli uomini sposano generalmente una sola donna anche se è concessa la poligamia.

Credono negli spiriti buoni e cattivi detti jinn che abitano fra le montagne, nelle oasi, negli alberi e nei pozzi.

Gli spiriti sono conosciuti dalla donna che al momento del parto entra in contatto con essi:

oltre alle voci di trapassati sentirà la voce o meglio le mille voci degli spiriti dell'acqua che non possono uscire dalle sorgenti altrimenti il caldo del deserto li ucciderebbe.

Conosce anche gli zini, spiriti aerei che parlano tramite il vento e si materializzano in turbini o tempeste.

Altri spiriti galoppano aggrappati alla schiena delle lepri e portano alla follia;

talvolta, saranno trasportate da una mongolfiera o da prodotti artigianali in lontanissimi paesi dove vivono le persone scomparse.

Vi è il culto dei morti e si crede nella reincarnazione.

Le persone vengono seppellite con dei datteri in mano.

Prima di abbattere una pianta i Tuareg praticano un rito perché, per motivi religiosi devono far scappare i jinn che questa contiene.

Secondo una loro leggenda il Sahara sarebbe nato perché Allah, in collera con gli uomini, decise un giorno di punirli facendo cadere sulla Terra un granello di sabbia per ogni loro peccato.

E dove un tempo c'erano fiumi e savane, dove correvano leoni e gazzelle, nacque il

Sahara, il padre di tutti i deserti.

venerdì 3 novembre 2023

Chi era Mahmoud Darwish


Mahmoud Darwish, scrittore palestinese considerato tra i maggiori poeti del mondo arabo, ha raccontato l’orrore della guerra, dell’oppressione, dell’esilio (al-Birwa, suo villaggio natale, è stato distrutto dalle truppe israeliane durante la Nakba e ora non esiste più, né fisicamente né sulle cartine geografiche). Fuggito in Libano con la famiglia, per scampare alle persecuzioni sioniste, tornò in patria (divenuta terra dello Stato d’Israele) da clandestino, non potendo fare altrimenti. La sua condizione di “alieno” e di “ospite illegale” nel suo stesso paese rappresenterà uno dei capisaldi della sua produzione artistica. Arrestato svariate volte per la sua condizione di illegalità e per aver recitato poesie in pubblico, Mahmoud – che esercitò anche la professione di giornalista – vagò a lungo, non avendo il permesso di vivere nella propria patria: Unione Sovietica, Egitto, Libano, Giordania, Cipro, Francia furono le principali nazioni dove il poeta, esule dalla sua terra, visse e lavorò. Eletto membro del parlamento dell’Autorità Nazionale Palestinese, poté visitare i suoi parenti solo nel 1996, anno in cui – dopo 26 anni di esilio – ottenne un permesso da Israele. Il poeta si spense a Houston (Texas) il 9 agosto 2008 in seguito a complicazioni post-operatorie. Mahmoud aveva infatti subito diversi interventi al cuore, l’ultimo dei quali gli fu fatale. Solo una minima parte della sua produzione è stata, fino ad ora, tradotta in italiano. 

Nakba(la catastrofe):nome con cui si indica, nella storiografia araba contemporanea, l’esodo forzato di ca. 700.000 arabi palestinesi dai territori occupati da Israele nel corso della prima guerra arabo-israeliana del 1948 e della guerra civile che la precedette.

giovedì 12 ottobre 2023

La poesia palestinese di Mahmoud Darwish


Qui, su pendii di colline davanti al tramonto

E alla bocca del tempo
Accanto ai giardini di ombre spezzate,
Facciamo come fanno i prigionieri,
facciamo come fanno i disoccupati,
coltiviamo la speranza

Un paese si prepara all’alba.
Intontiti
A spiare l’ora della vittoria:
senza notte nella notte illuminata di bombe.
I nemici vegliano
E accendono le luci per noi
Fino al buio dei sotterranei.

Quest’assedio si prolungherà fino a quando
non avremo insegnato ai nemici
passi della nostra poesia antica


Da “Stato d’assedio” di Mahmoud Darwish

domenica 10 settembre 2023

Perché gli asini hanno il muso bianco


Tutti sanno che l'asino è l'animale più paziente e che più di tutti gli altri può essere caricato sino all'inverosimile. L'asino sopporta tutto. Ci si rende conto di quanto si pretende da lui solo quando schiatta, e allora vuol dire che era davvero troppo carico.Gli asini patiscono le maggiori pene dai bambini, soprattutto quando questi li portano al pascolo. Come si sa, i bambini percuotono l'asino con bastoni, gli tirano pietre, gli saltano in groppa e si fanno trasportare in cinque o sei alla volta. L'asino, sempre paziente, li lascia fare senza opporsi.Un bel giorno, alcuni angeli si rivolsero al Signore dei Mondi e gli dissero: "Signore! Osserva l'asino. E' l'immagine della pazienza e della resistenza. Non pensi che anche lui avrebbe diritto al Paradiso?" Il Signore diede subito ragione agli angeli e, senza esitare, ordinò che l'asino fosse condotto in Paradiso. Gli angeli, allora, volarono subito dall'asino per cantargli la buona notizia, prenderlo con loro e condurlo all'ingresso del Paradiso. Appena arrivati davanti alla grande e lucente porta del Paradiso, l'asino sporse il muso verso l'interno ma subito si irrigidì e non volle più proseguire. Gli angeli non capivano, non si spiegavano. Provarono e riprovarono, prima delicatamente poi con forza, a spingere la bestia aldilà della porta, ma ... niente, non c'era verso. L'asino aveva, con circospezione, messo solo il muso, guardato all'interno e subito si era fermato come paralizzato. Ma cosa stava succedendo? Perché l'asino non voleva in nessun modo proseguire all'interno di quel mondo magicamente perfetto e felice? Non passò molto che gli angeli capirono il motivo: a spaventare l'asino sino a non farlo più proseguire era stato il gran numero di bambini che aveva visto sporgendosi dalla porta del Paradiso. Era troppa la paura che l'asino aveva dei bambini, aveva subito tanti maltrattamenti da loro. Gli angeli, a malincuore, dovettero rinunciare a far entrare l'asino tra i prediletti del Paradiso e lo riaccompagnarono al suo pascolo. Appena tornato sulla terra, tutti si accorsero del cambiamento dell'asino. L'asino non era entrato in Paradiso, ma ci aveva infilato il muso che, illuminato dalla folgorante luce divina, era diventato bianco. L'asino ora aveva il muso bianco. Fu così, che da allora, tutti gli asini nacquero con quella caratteristica. Ecco perché oggi l'asino ha il muso bianco.

sabato 5 agosto 2023

Usi e costumi della Turchia.

In Turchia togliersi le scarpe prima di entrare in casa più che un’usanza è uno stile di vita. Viene osservata da tutti i turchi, senza distinzione perché per loro è impensabile entrare in casa con le scarpe. Verrebbe interpretato come una mancanza di rispetto oltre che d’igiene. E’ una tradizione sulla quale i turchi non transigono. In ogni casa turca si mettono sempre a disposizione degli ospiti, delle ciabatte di ogni misura. Solitamente, all’ingresso di ogni casa c’è un mobiletto per contenerle, mentre le proprie scarpe rimangono quasi sempre fuori dall’abitazione.


In Turchia, un gesto molto istintivo e legato alla paura, è quello di portare il pollice dietro i denti incisivi, spingendo leggermente la testa all’indietro. Solitamente lo si fa subito dopo un piccolo spavento. Secondo una credenza popolare infatti un forte spavento può far cadere i denti superiori.Quando si è presi alla sprovvista o di soprassalto, il gesto viene accompagnato dalla frase “Allah korusun” (che Dio protegga).Spesso è sufficiente solo il pensiero di un evento negativo per far fare questo gesto.


Battere le nocche sul tavolo con il pugno semi-chiuso (come il bussare: “battere sul legno”, tradotto letteralmente) è un gesto scaramantico, di buon auspicio, che può manifestarsi in una riunione in ufficio tra colleghi stretti (anche in presenza di uno straniero) senza partner esterni, ma difficilmente comparirà durante un incontro ufficiale.


La biancheria non si lava il sabato e il martedì. 
Lasciare fuori i vestiti lavati del bambino fino al tramonto fa sì che il bambino sia stregato. 
Una forbice non può passare di mano in mano, perché la forbice è considerata come un nemico. 
Nessuno dovrebbe passare davanti alla macchina da sposa.


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